IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza emessa a norma dell'art. 23
 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nel procedimento  n.  1299/95  r.g.
 g.i.p., n. 927/1995 r.g. notizie di reato;
    Visti gli atti;
    Vista  la  richiesta  di archiviazione proposta dal p.m. presso la
 procura della pretura circondariale in relazione al  procedimento  de
 quo;
    Premesso:
      che il p.m. ha richiesto l'archiviazione del procedimento de quo
 in relazione al d.-l. 16 gennaio 1995, n. 9;
      che  il  procedimento concerne episodi di scarichi abusivi ed in
 particolare:
       1) scarichi fognari  effettuati  dall'hotel  Capo  Taormina  in
 mare, in prossimita' del Capo Taormina in assenza di autorizzazione;
       2)  scarichi  fognari  effettuati  dal sig. Da Campo Angelo nel
 fiume Alcantara in assenza di autorizzazione;
       3) scarichi fognari effettuati dal sig. Curro' Andrea nel fiume
 Alcantara in assenza di autorizzazione;
       4) scarichi della pubblica fognatura del comune di  Francavilla
 effettuati   nel   suolo   in   contrada   Arancia   in   assenza  di
 autorizzazione;
       5) scarichi della pubblica fognatura del comune di Furci Siculo
 effettuati nel torrente Pagliara in assenza di autorizzazione;
       6) scarichi  della  pubblica  fognatura  del  comune  di  Gaggi
 effettuati nel torrente S. Paolo in difformita' dall'autorizzazione;
      che  per  i  predetti  scarichi  la  legge n. 319/1976 prevedeva
 l'obbligo dell'autorizzazione;
      che la legge regione  Sicilia  n.  39  del  18  giugno  1977  ha
 previsto l'obbligo di autorizzazione comunale per gli scarichi civili
 sia  che  gli stessi fossero esistenti alla data di entrata in vigore
 della legge, sia che si tratti di scarichi nuovi  (artt.  38  e  39),
 mentre  per  gli scarichi derivati da pubbliche fognature ha previsto
 l'obbligo di autorizzazione regionale (art. 40);
      che al caso di specie non e' applicabile il  regime  di  proroga
 previsto    dall'art.   12   della   medesima   legge   regionale   e
 successivamente dall'art. 2 legge regione Sicilia n. 29 del 15 maggio
 1991, essendo tale  regime  relativo  esclusivamente  all'adeguamento
 degli  scarichi  provenienti  da  pubbliche  fognature  ai  limiti di
 accettabilita' previsti dalla legislazione regionale e non  inerendo,
 invece, alla necessita' di autorizzazione;
      che,  pertanto,  nel  caso  di  specie  deve essere applicata la
 disciplina di cui al d.-l. n. 9/1995 ed in particolare:
       per quanto concerne gli scarichi civili  effettuati  dall'hotel
 Capo  Taormina,  dal  sig.  Campo,  dal  sig. Curro', nonche' per gli
 scarichi da pubbliche fognature dei comuni  di  Francavilla  e  Furci
 Siculo,  l'art. 5 del predetto decreto-legge che trasforma l'illecito
 penale previsto dall'art. 21 della  legge  n.  319/1976  in  illecito
 amministrativo;
       per  quanto  concerne  lo  scarico  di  pubbliche fognature del
 comune di Gaggi l'art. 4 del predetto decreto-legge che trasforma  in
 illecito amministrativo l'illecito penale gia' disciplinato dall'art.
 22 della legge n. 319/1976;
    Ritenuto  che  non  appare  manifestamente  infondata il contrasto
 della disciplina prevista dal d.-l. 16 gennaio  1995,  n.  9  (ed  in
 particolare  i  citati artt. 4 e 5) con norme di rango costituzionale
 ed in particolare:
   Violazione dell'art. 77 della Costituzione:
    Il decreto-legge de quo rappresentando l'ennesima reiterazione del
 medesimo decreto-legge (di volta in volta non convertito e riproposto
 con minime modifiche), cosi' prolungando artificiosamente la vita del
 provvedimento ben oltre il limite massimo dei sessanta giorni, appare
 come   un'inammissibile   ingerenza   del   Governo    nell'attivita'
 legislativa  esclusivamente  riservata al Parlamento ed attribuita al
 Governo solo  in  via  eccezionale  e  limitatamente  nel  tempo:  la
 continua  reiterazione di decreti-legge scaduti costituisce strumento
 di elusione del  limite  temporale  fissato  dalla  Costituzione.  La
 mancata  conversione  entro  sessanta  giorni da parte del Parlamento
 dovrebbe equivalere a bocciatura del decreto-legge (quanto meno sotto
 il profilo della necessita' ed urgenza). (cfr.  Corte  costituzionale
 n. 302/1988 e Corte costituzionale n. 544/1989).
    Inoltre,   il   decreto-legge  in  questione  appare  carente  dei
 presupposti  indefettibili  richiesti  dall'art.  77.   Infatti   non
 sussistono,  non  sono  sono  indicate nel preambolo del decreto, ne'
 sono altrimenti ravvisabili nella materia de quo  i  caratteri  della
 eccezionale  necessita'  ed  urgenza che soli possono giustificare un
 intervento (ancorche' temporaneo) del Governo in materia  legislativa
 (cfr. art. 15 legge n. 400/1988).
   Violazione degli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione.
    La  materia  penale,  per  la sua delicatezza, dovrebbe intendersi
 riservata esclusivamente ai provvedimenti legislativi del  Parlamento
 che  soli possono essere emanati con il concorso e sotto il controllo
 delle opposizioni.
    Inoltre, la natura precaria della  decretazione  d'urgenza,  unita
 alla mancata conversione tempestiva ed alla sua continua reiterazione
 (da  oltre  un  anno),  finisce  col  creare  uno  stato  di profonda
 incertezza del tutto incompatibile con  la  natura  della  disciplina
 penale,  del  diritto  alla difesa, e, in ultima analisi, del diritto
 fondamentale del cittadino di conoscere con certezza il  confine  tra
 il lecito e l'illecito.
    La  normativa  appare ancor piu' illegittima in considerazione dei
 considerevoli problemi di natura intertemporale: infatti, le  vicende
 verificatesi  sotto  la  vigenza dei vari decreti via via riproposti,
 vengono, comunque, disciplinate dalla normativa  d'urgenza  (se  piu'
 favorevole) ancorche' questa non venga convertita, con la conseguenza
 di  creare  delle zone di trattamento differenziato in considerazione
 dell'epoca  di  commissione  del  fatto,  oltre  ad   una   effettiva
 esautorazione del Parlamento.
   Violazione degli artt. 2, 9, 32 e 42 della Costituzione.
    La normativa de quo sembra realizzare una notevole compressione di
 beni  fondamentali  del  cittadino  quali  la salute, l'ambiente e il
 territorio.
    Essa, infatti:
      1) consente alle regioni di disciplinare gli scarichi  civili  e
 fognari  anche  in deroga alle tabelle di cui alla legge n. 319/1976,
 con   la   conseguenza   di   legittimare   di   fatto   un   aumento
 dell'inquinamento  con  notevole esposizione a pericolo per la salute
 che  e'  bene  primario  e  dovrebbe avere un trattamento unitario in
 tutto il Paese;
      2) esclude dalla disciplina degli scarichi il deflusso di  acque
 pubbliche  per  uso  idroelettrico  da  serbatoi,  laghi artificiali,
 dighe, ecc. con  effetti  potenzialmente  devastanti  sull'equilibrio
 dell'ecosistema    e    della   salute,   essendo   questi   scarichi
 potenzialmente  inquinanti,  sia  per  la  temperatura  delle   acque
 trattate, sia per il possibile contenuto;
      3)  depenalizza  la disciplina relativa all'apertura di scarichi
 civili e di pubbliche fognature in assenza di autorizzazione,  o  con
 superamento  dei limiti di ammissibilita', esponendo la collettivita'
 al rischio di una proliferazione di scarichi non regolamentati, posto
 che gli scarichi fognari  e  da  insediamenti  civili,  per  la  loro
 quantita'  e per il loro contenuto (nelle pubbliche fognature possono
 immettersi anche scarichi produttivi), non sono meno pericolosi degli
 scarichi da insediamenti produttivi);
      4) depenalizza  la  disciplina  degli  scarichi  in  difformita'
 dall'autorizzazione,  con  conseguenze  potenzialmente devastanti sia
 per la salute che per l'ambiente,  posto  che  l'autorizzazione  allo
 scarico  determina  non  solo l'ubicazione dello stesso, ma definisce
 anche tutte quelle prescrizioni (modalita' dello  scarico,  strumenti
 di  depurazione) assolutamente indispensabili per garantire la tutela
 della salute e del territorio, e  che  pertanto  richiedono  la  piu'
 ampia protezione attuabile esclusivamente con lo strumento penale.
    In   vero   la  disciplina  penalistica  costituisce  un  supporto
 ineliminabile in relazione  alla  tutela  dell'inquinamento  ed  alle
 conseguenze in ordine alla tutela della salute, dell'ambiente e della
 personalita'  umana,  beni,  tutti,  inviolabili,  cosicche' il forte
 ridimensionamento della sua portata espone i  beni  in  questione  ad
 enormi  rischi  rappresentando,  di  fatto,  una gravissima riduzione
 della tutela dei diritti del cittadino.
   Violazione dell'art. 3 della Costituzione.
    La disciplina de  quo  realizza  un'ingiustificata  disparita'  di
 trattamento  tra  gli  scarichi da insediamenti civili e le pubbliche
 fognature, da un lato, e  gli  scarichi  da  insediamenti  produttivi
 dall'altro,  posto  che  in realta', gli effetti inquinanti dei primi
 non sono affatto minori dei secondi, se  si  considera  la  quantita'
 degli  scarichi raccolti dalle pubbliche fognature ed il fatto che in
 queste  ultime  possono  riversarsi  anche  scarichi   derivanti   da
 attivita' produttive.